10 Ago “La città dai due ombelichi”. Focus sul rapporto tra colonialismo e architettura nelle Filippine alla Biennale di Venezia
“La città dai due ombelichi”. Focus sul rapporto tra colonialismo e architettura nelle Filippine alla Biennale di Venezia
Nel padiglione delle Filippine, alla Biennale di Venezia, il curatore Edson Cabalfin ha invitato varie scuole di architettura a partecipare a una riflessione sulle peculiarità e le contraddizioni dell’attuale contesto urbanistico del paese asiatico.
Il titolo, ispirato al romanzo del 1961 di Nick Joaquin “The Woman Who Had Two Navels”, punta i riflettori su due concetti fondamentali: quanto il colonialismo ha condizionato il costituirsi dell’ambiente attuale e come il processo del neoliberismo altera il paesaggio urbano.
Il padiglione – attraverso video, progetti, modelli e documenti storici – si presta a mettere in luce i punti chiave di questa riflessione: si può uscire dal colonialismo? Il neoliberismo è una nuova forma di colonialismo? E come guarire dall’ansia post-coloniale?
L’obiettivo a cui punta Cabalfin è quello di ispirare docenti e studenti di architettura, design e urbanistica di tutto il Paese a rispondere a queste domande elaborando proposte alternative per il futuro.
Un’architettura dal sapore esotico e primordiale
Il primo “ombelico” è dedicato al modo in cui la nazione asiatica è stata rappresentata all’interno di una Biennale internazionale. Facendo ricorso a una raccolta di immagini, estratte da grandi mostre ed esposizioni internazionali dal 1887 al 1998, si è voluto evidenziare il tentativo di costruire un’identità nazionale attraverso la sua architettura ispirata a narrazioni coloniali dal sapore esotico e primordiale.
Tre realtà a confronto: Manila, Cebu e Davao
Le stratificazioni urbanistiche e l’impatto sociale dei programmi neoliberisti, invece, sono rappresentati nel secondo “ombelico”. Protagoniste di questa ulteriore analisi sono le tre città più importanti della nazione asiatica: Manila, Cebu e Davao in competizione tra loro per aggiudicarsi il titolo di capitale. L’attenzione, in questo caso, è puntata sulla sregolatezza dei criteri di valutazione delle capacità urbanistiche e sociali di queste tre realtà.