13 Lug La straordinaria resistenza del calcestruzzo romano
Il calcestruzzo romano a difesa delle nostre coste
Osservando uno tra i tanti porti che affacciano sul mare nostrum non di rado è possibile notare delle rovine di costruzioni romane, apparentemente uniche sopravvissute al continuo lavorio delle acque marine. Duemila anni dopo la loro edificazione i resti di mura e porti romani rimangono quasi immuni al lavorio degli agenti naturali, lì dove invece tutte le costruzioni di epoche successive si sono dissolte nell’abbraccio del tempo.
Quale la differenza? Il calcestruzzo. La risposta arriva da un gruppo di ricercatori dell’Università dello Utah, riporta il Washington Post (“Ancient Romans made the world ‘most durable’ concrete. We might use it to stop rising seas”, 4 luglio 2017, Ben Guarino), che nel progetto “Romane maritime concrete study” hanno studiato le caratteristiche del materiale.
Composto da una miscela di ceneri vulcaniche, calce viva e pieno di piccoli cristalli, il composto appare essere uno dei materiali più resistenti mai costruiti dall’uomo; una volta a contatto con le acque marine infatti forma un unico blocco impermeabile, capace di perdurare nei secoli.
Il segreto appare risiedere nelle ceneri vulcaniche usate dai romani, piene di componenti minerali uniche e difficilmente riproducibili in laboratorio; secondo Philip Brune, ricercatore alla DuPont Pioneer Enginerring Research Technology che ha studiato a lungo il composto esso è “il materiale da costruzione più durevole della storia umana”. Se gli sviluppi della ricerca dovessero aver successo – il tentativo è quello di riprodurre lo stesso calcestruzzo per fini industriali – le applicazioni potrebbero essere innumerevoli.
Tra gli usi più suggestivi che un tale calcestruzzo potrebbe avere – suggerisce il prestigioso giornale di Washington D.C. – vi è quello della difesa delle coste dall’erosione, dall’innalzamento delle acque e dalle continue inondazioni i cui costi continuano a salire di anno in anno; torneranno dunque i romani a proteggere le nostre coste?